LA SECONDA CASA E IL GUARDARSI FUORI DA SE’
Ieri in piscina il fotografo del parco giochi ci ha fatto una foto. Da quando sono stata male, evito le foto perché so di non avere più lo smalto di un tempo, ma ieri volevo immortalare una giornata di vita familiare particolarmente gioiosa. Quando l’ho vista, mi sono fermata a guardarla a lungo.
Ero io quella? Non fraintendetemi, non parlo di essersi imbruttita, ma di essere comunque cambiata, forse persino in meglio. Ma cambiata.
Forse qualcuno di voi ricorda il mio articolo di tempo fa su mente e corpo: stanca di sentir dire che la mente influenza il fisico, ho provato a dimostrare, alla luce di studi di psicoanalisi recenti, che è molto più frequente che accada il contrario.
Evidentemente ho una tendenza a interrogarmi sui clichè acquisiti, che sento istintivamente limitanti. Noi siamo abituati ad attribuire all’ascendente la percezione di noi stessi, il chi siamo originario, la costituzione fisica, l’autoconsapevolezza. La prima casa rappresenta i primi vagiti del neonato, che non vede né sente altro all’infuori di sé, e per tutta la vita tanti bravi figuri, dai genitori allo psicanalista, ci diranno che dobbiamo essere maturi, responsabili, guardarci dentro e fare le scelte migliori per la nostra felicità, anche se ci costano dolore.
Ma.. e se qualche volta per arrivare alla consapevolezza, al coraggio di cambiare, ricordare e modificare, anziché guardarci dentro, casa prima, dovessimo guardarci fuori?
Innanzitutto, sappiamo che se lo specchio è impietoso, l’obiettivo ancor di più. Fa risaltare i difetti, il colorito poco salutare, le forme meno solide, la ruga comparsa con la morte della mamma, quel leggero incanutimento dopo i 45…
Quanti dolori e prove, quanti ricordi rimossi da portare a galla, quanto il fardello di secchi rami da bruciare, si ammucchiano sul nostro volto, giorno dopo giorno?
Ecco, forse, per sapere da quanto tempo soffriamo, se davvero ci sentiamo soli, se una relazione è ancora adatta a noi oppure no, non dovremmo solo guardarci dentro, ma anche fuori. Il corpo, il volto, ma anche la postura nel suo insieme, ci raccontano la storia della nostra vita e possono illuminarci sulla nostra situazione. Aggiungo che il corpo sa. Il corpo sente e pensa, in qualche modo, e ci può indicare la verità che non vogliamo tirare fuori da dentro.
Anche il tipo di abbigliamento – casa seconda, rivela quanto possiamo esserci rinsecchiti, o al contrario espansi.
Astrologicamente, se ci pensate vi renderete conto che è lapalissiano, come la casa ottava è quella del “dentro”, dell’inconscio, delle pulsioni profonde, dell’osservazione interiore, la seconda, dialettica opposta, rappresenta il “fuori”, quello che dobbiamo osservare esteriormente, magari con l’aiuto di un obiettivo o di uno specchio, tramiti materiali, così come un terapeuta o una disciplina filosofica saranno tramiti spirituali per i valori ottava.
Come dice Hillman, “è lo specchio in cui da secoli e secoli di iconografia la scimmia si guarda non può essere non può essere soltanto vanità e imitazione: anch’esso ha un aspetto “superiore”. Prima bisogna rimirarsi, poi si prende coscienza di sé. La fascinazione per il proprio aspetto, il sé fenomenico che si pavoneggia nei propri stupidi vizi, conduce alla fine allo sguardo interiore, all’introspezione grazie allo specchio”